Un reportage fotografico che rappresenta uno spaccato della realtà rom in quel di Napoli.
Molto bello e intenso, da vedere…
A qualcuno potrebbe sembrare strano che un sociologo scriva un commento al lavoro di un fotografo. Al contrario, invece, il rapporto tra arte fotografica e scienze sociali diviene nel tempo sempre più stretto: se da sempre la fotografia è un supporto indispensabile per la ricerca antropologica, da trent’anni a questa parte si va consolidando - negli Stati Uniti prima e in Europa poi - un filone di studio e di indagine che prende il nome di “sociologia visuale”. In questo approccio la fotografia non è più considerata per la sua valenza estetica, ma diviene vero e proprio strumento di indagine empirica, sguardo che scava nella realtà sociale contribuendo spesso a metterne a nudo le contraddizioni, con una evidenza sicuramente più immediata e coinvolgente di quanto possa fare un testo scritto. Ciò è particolarmente vero quando divengono oggetto di analisi la marginalità e l’esclusione sociale, come appunto è il caso delle foto di Maurizio Cimino di un campo Rom nei dintorni di Napoli. Non uso a caso il termine “analisi” in quanto mi sembra che l’autore, pur partendo da un’esperienza artistica, centri in pieno alcuni degli obiettivi di quella che siamo abituati a chiamare la ricerca qualitativa in questo settore: la narrazione della quotidianità di un gruppo sociale, l’individuazione di caratteristiche che ne definiscono l’identità di gruppo, ma soprattutto la capacità di evidenziare la sconvolgente normalità con cui è vissuto il disagio. Certo, lo sguardo di un fotografo è soggettivo. Oggi però stiamo imparando a capire come anche la scienza interpreti il mondo a partire da un punto di vista, e come l’unica possibile garanzia di oggettività consista nell’esplicitazione di questo punto di vista, sia in senso metodologico che concettuale.
Invece probabilmente la farà franca, e crede di prendere in giro tutti con assurde motivazioni…
La tesi del ministro è fantastica. In sostanza dice: Io credevo che la casa costasse 610 mila euro. Mai saputo che costasse di più. Se qualcuno ha versato alle venditrici altri 900 mila euro, lo ha fatto senza dirmelo.
In altre parole, lui nel 2004 avrebbe acquistato un appartamento di quasi 200 metri quadri davanti al Colosseo convinto che costasse 610 mila euro: né le proprietarie dell’immobile, né il notaio, né altri gli avrebbero detto il vero prezzo della casa, un milione e mezzo di euro.
Intendiamoci, questa tesi difensiva era l’unica possibile, dopo quello che è emerso nei giorni scorsi, incluse le tracce degli assegni stessi e le testimonianze delle due venditrici. Facendola sua, Scajola tenta di rovesciare il tavolo: ora qualcuno deve dimostrare che io sapevo, è la vostra parola contro la mia.
Tuttavia la spiegazione del ministro è talmente illogica e inverosimile da far sorridere: lui così ignaro del mercato immobiliare a Roma (un ministro economico!) da pensare di poter davvero comprare 200 metri quadri al Colosseo per il prezzo di un trilocale al Fleming; la parte venditrice e il notaio che gli tengono accuratamente nascosta la verità; l’imprenditore Anemone che ci mette 900 mila euro in più senza nemmeno farlo sapere al suo beneficiato (e allora perché glieli avrebbe regalati, se non per acquistare la sua gratitudine o per pagare vecchi debiti?).
In America – ma probabilmente anche in India – una tesi difensiva così ridicola porterebbe alle dimissioni un secondo dopo, a furor di popolo: perché non solo ha preso una valanga di soldi da un imprenditore, ma ha preso pure tutti noi per fessi completi.
Invece Scajola ci ha provato, e probabilmente la farà anche franca. Perché il suo capo gli ha insegnato che da noi non c’è un’opinione pubblica, quindi non ci sarà nessuna reazione o quasi. Lui continuerà a sostenere imperterrito la sua assurda tesi, come se fosse verosimile, e a fare il ministro.
Se ci ha preso per fessi, è perché forse lo siamo.
Qualche sera fa ho visto questo film “hable con ella” in italiano parla con lei, una bella storia per la regia di Pedro Almodòvar.
Il film è davvero molto bello, ma non certo di quelli che lasciano il segno, fatta eccezione per una scena, dove Caetano Veloso canta una canzone, cucurucucu paloma, della quale si conosce ovviamente la versione nostrana di Battiato.
Beh che dire è una scena grandiosa, un brano che tocca il cuore, un momento di grandissima poesia.
Eccone il testo:
Dicen que por las noches
Nomas se le iba en puro llorar,
Dicen que no comia,
Nomas se le iba en puro tomar,
Juran que el mismo cielo
Se estremecia al oir su llanto;
Como sufrio por ella,
Que hasta en su muerte la fue llamando
Ay, ay, ay, ay, ay,… cantaba,
Ay, ay, ay, ay, ay,… gemia,
Ay, ay, ay, ay, ay,… cantaba,
De pasión mortal… moria
Que una paloma triste
Muy de manana le va a cantar,
A la casita sola,
Con sus puertitas de par en par,
Juran que esa paloma
No es otra cosa mas que su alma,
Que todavia la espera
A que regrese la desdichada
Cucurrucucu… paloma,
Cucurrucucu… no llores,
Las piedras jamas, paloma
¡Que van a saber de amores!
Cucurrucucu… cucurrucucu…
Cucurrucucu… paloma, ya no llores
Non ci credete, ecco un paio di foto che mostrano piazza S. Giovanni alle 17,40 di oggi.
In altre parole era 4 gatti, ma scommettiamo che aumenteranno miracolosamente fino ad arrivare a milioni di persone?
E tutto questo, nonostante sui giornali di oggi, si parli anche di biglietti della metro già pagati per il popolo blu, che con strabordante amore, avrà testimoniato il suo odio per tutto quanto è altro da loro, “antropologicamente diverso”.
Qualcuno a ragione disse: “E’ la feccia che risale il pozzo…”
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“Marco Pesaresi, nato a Rimini nel 1964, si afferma presto come uno dei migliori talenti della fotografia italiana. Dopo gli studi superiori, ha seguito i corsi dell’Istituto Europeo di Design a Milano dove ha cominciato la sua carriera di fotografo professionista. Dopo avere viaggiato in Africa e in Europa, il suo interesse fotografico si é concentrato sui più vari, complessi e difficili problemi sociali tra cui gli immigrati e gli emarginati, la droga e la prostituzione. Le sue foto sono state pubblicate sulle più prestigiose testate: “Panorama”, “Espresso”, “Geo”, “El Paìs”, “Sette”, “The Independent”, “The Observer” etc, in Italia e all’estero.
Underground. Un viaggio metropolitano
Marco Pesaresi ci porta in un lungo viaggio sottoterra attraverso le metropolitane di dieci città del mondo: New York, Calcutta, Madrid, Tokio, Parigi, Mosca, Berlino, Mexico City, Milano e Londra.
Nella monotonia della vita quotidiana, l’autore con le sue immagini coglie la drammaticità, l’atmosfera, l’ironia, le differenze culturali e un senso universale di transito, di movimento continuo e d’attesa.
Il 22 dicembre 2001, in circostanze tragiche, muore improvvisamente nella sua Rimini, città dove aveva lavorato a lungo.
Il sito a lui dedicato è curato da Ines Muratori: www.mescalina.com/marcopesaresi.
Dal sito di Tiziano Terzani, è possibile scaricare il testo che compare all’interno del libro. Contrasto.it
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Mi rattrista sapere che ha vinto il festival di S. Remo quel fighetto, dal sorriso ebete che cammina come se avesse una carota infilata nel didietro, ovvero Valerio Scanu, con un brano il cui testo è una vera e propria offesa alla lingua italiana.
Mi rattrista il fatto che quello che era in festival della canzone italiana, sia oramai ridotto ad una competizione fra le reti (rai e merdaset) con i loro “prodotti” sfornati dai cosidetti “talent show” come x-factor o amici del trans Maria de filippi.
Mi rattrista vedere invadere la Rai dai tirapiedi del nano, come il piduista Maurizio Costanzo, e pensare che pago pure il canone!
Ma tornando a Scanu, non so se avete ascoltato il testo della canzone, ma ce l’avete presente come può essere possibile “far l’amore in tutti i laghi?”
Come dicevo, un’offesa alla lingua italiana, un testo buttato giù in 5 minuti, lo si capisce anche da come, per fare entrare la strofa nella metrica del brano, sia costretto ad affrettare le parole, quasi senza fiato.
Che poi pure la seconda classificata “Italia amore mio” non è che sia il massimo eh, anzi la definirei un’accozzaglia mal riuscita di luoghi comuni, per far leva sullo spirito patriottico, passando magari per il calcio e i mondiali, per sfumare poi in una famosissima aria, ossia “somewhere over the rainbow“, ma una volta non si chiamava plagio questa cosa?
Possibile che sia passata inosservata? mah
Tristezza infine, perchè sono state eliminate canzoni di artiste di ben altro spessore, come ad esempio Nina Zilli, oppure Malika Ayane, che a confronto, del vincitore, sembra davvero un altro pianeta, ed infatti è stato tutto truccato con il televoto, insomma una vera e propria schifezza.
Valerio Scanu, ma vaffanculo va! (rigorosamente in tutti i modi, in tutti i luoghi e in tutti i laghi eh…)
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Nei momenti difficili di una partita, c’è sempre nel mio subconscio qualcosa a cui mi appello, a quella capacità di non arrendersi mai. E questo è il motivo per cui la Juventus vince anche quando non te l’aspetti Gianni Agnelli
La Juve è qualcosa di più di una squadra, non so dire cosa, ma sono orgoglioso di farne parte Gaetano Scirea
E’ un piacere immenso ricordare che tutto “il meglio” del calcio è passato dalla Juve Umberto Agnelli
Qui bisogna lottare sempre e quando sembra che tutto sia perduto, crederci ancora, la Juve non si arrende mai Omar Enrique Sivori
Chi indossa la nostra divisa, le rimarrà fedele malgrado tutto e la terrà come prezioso ricordo Eugenio Canfari
Se sono un uomo felice è perché ho dato tutto per la Juventus Giampiero Boniperti
Per me l’Italia è soprattutto la Juve. Addosso ho ancora i segni che mi ha lasciato Ciro Ferrara. Per un attaccante affrontare un’italiana resta il top, la vera prova del nove. Ferrara, Montero, Boksic, Del Piero: dopo averli affrontati sapevi di aver giocato al massimo Ryan Giggs
Essere un giocatore della Juventus vuole dire appartenere a uno dei pochi veri miti dello sport Michel Platini
La Juve è la Juve, deve stare sempre in alto Fabio Capello
La Juventus non è soltanto una squadra di calcio, ma un modo di intendere la vita. Italo Pietra
La vera gara tra noi e le milanesi sarà tra chi arriverà prima: noi a mettere la terza stella, loro la seconda Gianni Agnelli
La Juventus è come un drago a sette teste, gliene tagli una ma ne spunta sempre un’altra. Non molla mai, e la sua forza è nell’ambiente Giovanni Trapattoni
La Juve è una fede che continua a essermi appiccicata addosso. Sono da compatire quelli che tifano per altri colori, perché hanno scelto di soffrire. Sembrava una battuta, invece lo pensavo e lo penso tutt’ora. Giampiero Boniperti
Boniperti dice la sua Juve ha vinto tanto? Sì, è vero ma perché non va a Madrid a vedere i trofei del Real? La verità è che la Juve non deve mai guardarsi indietro, ma pensare sempre al successo che verrà Gianni Agnelli
Non rinuncerei a uno scudetto della Juve per il mondiale della Ferrari Gianni Agnelli
Con la Juventus ho imparato a vincere. Non so come è successo, è qualcosa che si respira nell’aria dello spogliatoio, sono concetti che vengono tramandati da giocatore in giocatore, è il sentimento che ti trasmettono milioni di tifosi e non c’è club nel mondo che ti faccia lo stesso effetto Egdar Davids
La Juventus è stata un esempio per il mio Manchester United. Facevo vedere ai miei giocatori le videocassette della squadra di Lippi e dicevo: non guardate la tattica o la tecnica, quella ce l’abbiamo anche noi, voi dovete imparare ad avere quella voglia di vincere Sir Alex Ferguson
Un libro, una raccolta di poesie di Patti Smith, e che entra di diritto nella mia wishlist di Anobii.
Auguries of innocence,Presagi di innocenza,è la straordinaria testimonianza dell’ultima scrittura poetica di Patti Smith.Dai tempi della bellissima raccolta Babel (1978) questa poesia si è in parte allontanata dal tono graffiante e diretto,spezzato e sconnesso,’punk’ nella forma e nella sostanza.Almeno all’apparenza si tratta qui di una poesia più ‘composta’,all’interno della quale le immagini ricorrono a una simbologia martellante più che a un groviglio di sensazioni e frammenti narrativi.Presagi di innocenza è per la Smith anche un irrinunciabile collegamento ad una certa tradizione americana: il suo tribute si compie passando per Blake e Lovecraft (espressamente dichiarati) o per le suggestioni provenienti da Jim Carroll e dalla Plath.
Artista di grande esperienza e sensibilità visionaria, abituata a sperimentareogni possibile commistione di suono e parola per raggiungere la massimaespressività in ogni genere, Patti Smith è “indefinibile per definizione” e hacontinuato negli anni a mescolare l’arte della parola con quella del canto, inmodo quasi magico, incantando nei decenni intere generazioni. Questa raccoltadecreta il suo ritorno alla poesia.
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